Quando radio e televisione non esistevano,
quando pochi sapevano leggere e, soprattutto, trovare la voglia di leggere, quale miglior
mezzo di diffusione che le monete. che nessuno non poteva non prendere sul serio? E'
allora curioso fare una veloce escursione nel campo dei motti incisi sulle coniazioni.
Nell'alto medioevo apparvero le prime scritte di carattere religioso,
con motti che rimasero a lungo in uso in tutto il mondo più o meno cristiano, quali ad
esempio: "Benedictum sit nomen Domini" e "In te Domine confido".
Verso il quindicesimo secolo vennero in uso slogan di carattere
politico-militare. Così il Duca Carlo Emanuele di Savoia, dopo numerose e fortunate
campagne militari, emise lo scudo detto del compasso; questo pezzo, oggi destrema
rarità, reca al diritto l'immagine del Duca con le usuali attribuzioni nobiliari e, al
rovescio, un compasso con la scritta: "Dum premor amplior" a significare quanto
si andava ampliando il suo ducato sotto le pressioni belliche.
I Romani Pontefici usarono per secoli scritte che invitavano a non
essere troppo avari ed a spendere il denaro a fin di bene; classici i motti: Pauperi
porrige manum - non sibi sed allis avarus non implebitur - e - melius est dare quam
accipere.
Una moneta italiana del 1848, coniata durante la prima settimana corta
- le cinque giornate di Milano - assicura poi che "lItalia è libera - Dio lo
vuole".
Originali alcuni motti di monete emesse dalle colonie inglesi che poi
formarono gli Stati Uniti: il loro spirito d'indipendenza può essere riassunto dal famoso
threepence del 1737 che reca sul diritto la frase: "Valutatemi quanto vi pare",
e, sul rovescio, attorno ad un'ascia, la scritta: "Io taglio diritto per la mia
strada".
Le monete dellAmerica latina garantiscono a tutti:
Pax-Iusticia-Libertad - Jgualidad e altre belle cose, ma il più veritiero è forse il
peso cileno: "Por la razon o la fuerza". Nei tempi moderni si è un po
perduto luso di incidere motti sulle monete, ma permangono alcuni esempi,
specialmente quelli che gravano di un preciso impegno il Padreterno. Infatti sulle monete
di questi ultimi due secoli si possono leggere frasi come: DOMINUS PROVIDEBIT (Svizzera),
GOTT MIT UNS (Germania), IN GOD WE TRUST (USA), DIEU PROTEGE LA FRANCE (Francia).
Circa le monete italiane lultima frase incisa è la celebre:
"Meglio vivere un giorno da leone che centanni da pecora" sul 20 lire del
1928.
Anche unocchiata alletimologia di alcune monete ci può
rivelare cose curiose: una moneta veneziana chiamata bezzo, attinge il suo nome dal
tedesco Bätz (e fino alla fine del secolo scorso era ancora in uso la denominazione di
Bätzen in Svizzera per centesimi). Ma lorigine del nome tedesco è da ricercarsi
nel romano bi-assis (doppio asse), poi trasformata in bessis.
Una moneta toscana di circa due secoli fa si chiamava crazia, dal
tedesco Kreutzer, che deriva da Kreutz (croce); mentre un altro pezzo toscano di basso
valore era chiamato gazzetta perché raffigurava un volatile simile alla gazza; altri
sostengono che lorigine del nome gazzetta, sia per la moneta toscana sia per quella
veneta, derivi dal persiano gaza cioè tesoro.
Nel lombardo-veneto si diceva comunemente svanziche, dal tedesco
zwanzig venti sottintendendo Kreutzer ed in Veneto si denomina il denaro con
il termine sghei, che potrebbe derivare da schild (arc. scheld) scudo, da cui
deriva certamente schilling scellino unità monetaria della repubblica austriaca
fino allavvento delleuro.
Nel Napoletano circolavano i Carlini, da Carlo I dAngiò, che
erano piccole monete dargento. La stessa denominazione di Carlino fu adottata in
Piemonte a definire alcune monete auree sabaude coniate dai duchi Carlo Emanuele.
Erano anche in uso, nelle Due Sicilie, i grani o grana, per cui quando
usiamo il supposto neologismo la grana, non diciamo niente di nuovo; potremmo
daltronde anche riallacciarci ai sumeri di 5-6 mila anni fa.
Medaglistica e pesi monetari
Parallelamente alla numismatica vera e propria, e come sua appendice,
si possono citare anche la medaglistica e la collezione di bilancine e pesi monetari.
Le medaglie, nellodierna accezione della parola, sono considerate
come documentazione di un avvenimento, commemorazione di un fatto di rilievo, ricordo di
un personaggio. Già questo concetto ispiratore lo si potrebbe trovare in soggetti di
monete greche e romane (vedasi i contorniati ed i medaglioni), ma le vere prime medaglie
iniziano dal 1400 per merito del rinascimento italiano. La loro paternità può essere
riconosciuta a Vittor Pisano da Verona (1380-1450) detto il Pisanello, che incise la
medaglia del Concilio di Ferrara del 1438, e tra i più noti incisori si possono citare il
Pollaiolo, Benvenuto Cellini, i fratelli della Robbia ed il contemporaneo Giacomo Manzù.
Molte medaglie, a differenza delle monete, recano la firma
dellautore, oppure le sue iniziali o il suo monogramma. Notevoli in questo campo
sono le sequenze napoleoniche, quella sabauda e quella papale, ricercata questultima
anche per la notevole serie di ritratti riprodotti.
Un cenno ancora a quei pezzi metallici, generalmente dottone o di
piombo, dalla forma quadrata, rotonda, rettangolare o prismatica, su cui appaiono svariati
nomi di monete. Si tratta dei pesi monetari, cioè degli equivalenti in peso delle monete
da cui prendono il nome. Purtroppo falsificazioni, contraffazioni e tosature dei pezzi in
circolazione, costituirono in ogni tempo problemi che interessavano sia le autorità sia
battevano moneta che coloro che le usavano, in modo particolare i cambiavalute. Ciò
spiega lesistenza di questi pesi che sono, molte volte, racchiusi in scatolette di
legno in cui trova posto anche il bilancino e dovera collocato a volte
anche uno speciale scomparto contente i grani, cioè frazioni ponderali che permettevano
di stabilire lentità del calo di peso delle monete oggetto di controllo. Luso
di scatole come sopra descritte, si diffuse nel secolo XVIII, anche se i pesi monetari
presi isolatamente risalgono ad epoca ben più lontana: il loro impiego probabilmente è
contemporaneo alla comparsa delle più antiche monete.
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