Nell'Italia dei secoli bui crollò l'economia
dell'impero romano e, tra un saccheggio ed un'invasione, si ebbe un'involuzione ed un
ritorno alla vita agricola. Si spopolarono le città e la vita si decentrò in piccoli
poderi, dove si trovava l'occorrente per vivere. Non vera necessità di denaro ed i
tentativi fatti da vari principi, nella speranza che rifiorissero le città, i viaggi ed i
commerci, furono destinati al fallimento. I re Goti prima ed i Longobardi poi batterono
monete, di nessun altra importanza se non storica. Allinizio dell'ottavo secolo in
Francia furono coniate misere e rozze monete in circa 900 località.
Pipino e suo figlio Carlo Magno, finalmente, introdussero un sistema di
una certa importanza e le cui conseguenze si avvertirono fino alla rivoluzione francese:
venne adottato un nuovo denaro d'argento, dodici dei quali formavano un soldo e venti
soldi una lira. La stessa suddivisione è stata fino a ventanni fa
la base del sistema inglese, dove il penny (dodicesima parte dello scellino) si abbreviava
con una d, da denaro. Sotto Carlo Magno il soldo e la lira, o libbra, corrispondente a 384
grammi d'argento, erano soltanto unità di conto; non vennero cioè in effetti coniati Di
questa lira, che rappresentava allora un'entità enorme, vedremo in seguito le evoluzioni.
Nel mondo bizantino, l'impero d'Oriente, iniziatasi con la morte di
Teodosio il Grande - nel 395 - una serie di circa novanta imperatori, proseguiva nel
frattempo la coniazione del solido costantiniano, detto anche bisante,
della siliqua d'argento e del follis di rame; questa
serie è destinata ad avere seguito fino alla conquista di Costantinopoli da parte di
Maometto II.
I musulmani non coniarono monete proprie, ma adottarono quelle delle
provincie bizantine conquistate, rimpiazzando in genere la croce con un segno arabico. Fu
il quinto califfo Abd el MaIik, a coniare per primo alcune monete arabe, sempre comunque
attenendosi al modello bizantino. Dei pezzi di Bisanzio gli arabi assunsero perfino i
nomi, adattandone la pronuncia alla loro fonetica. Dalla moneta doro, il denarius
aureus si ebbe il dinar o dinaro (oggi ancora unità di moneta in
Tunisia, Algeria, Giordania e Jugoslavia), dalla moneta d'argento la dramma, si ebbe il dirham
oggi ancora in Marocco e dal follis si ebbe il Fels o Fils (che anche
oggi sono denominazioni di monete divisionali in Iraq e Giordania).
Le monete arabe oltrepassarono di molto i confini dei regni dell'Islam:
esse arrivarono fino alla Scandinavia; se ne trovarono lungo le antiche strade commerciali
dei normanni, che commerciavano oltre il Volga ed il Dnjepr e lungo la via della seta, che
dal Turkestan si spingeva attraverso l'Asia centrale fino alla muraglia cinese.
Il basso Medioevo e il Rinascimento
Le Crociate schiusero agli Stati occidentali la via del commercio con
l'Oriente. Prima d'allora, per secoli e secoli, il Mediterraneo era stato infestato dai
pirati saraceni che avevano interrotto gli scambi tra Italia e Provenza, tra Italia e
Impero di Oriente. Prima, durante e dopo le Crociate fu necessario creare un imponente
servizio logistico, del quale sincaricarono le città portuali italiane, prime fra
tutte Venezia e Genova.
Le impensate ricchezze trovate in Terra Santa, poi, condussero alla
costituzione di quegli ordini cavallereschi, come quello dei Templari - di origine
francese - e quello dei Sangiovanniti - da cui derivarono in seguito i Cavalieri
Teutonici - che intrapresero un vero e proprio sfruttamento delle loro conquiste. Si era
creato così un ingente movimento finanziario, che dette necessariamente inizio ad un
embrionale sistema bancario.
Già nel secolo duodecimo erano comparse le prime banche a Genova e,
più tardi, a Venezia e Barcellona.
Anche a Firenze, che importava lana greggia dall'Inghilterra per
produrne i pannilani, ricercatissimi in tutto il bacino del Mediterraneo, compaiono le
prime banche.
E collateralmente, per limponente necessità di disporre di
monete più valide per gli scambi con gli altri Stati, nascono nel secolo decimoterzo il genovino,
il ducato (da duca, doge) ed il fiorino. Quest'ultimo,
emesso da una potenza quale Firenze, che contava già allora centomila abitanti con il suo
re senza corona Cosimo del Medici, banchiere dei Papi, - ebbe il suo riconoscimento in una
bolla pontificia, fu battuto ininterrottamente fino al 1737, ed ebbe imitazioni in
Francia, Germania, Boemia ed Ungheria. Il ducato veneto, coniato fino al 1797, fu invece
largamente imitato a Roma dal Senato Romano, a Malta e nei paesi dell'oriente fino
all'India.
I soggetti di queste monete sono i più svariati, ma la nota dominante
è dovuta al tema religioso, forse anche per l'influsso dell'arte bizantina.
Nel secolo decimoquinto anche la moneta partecipò del rinnovamento
delle arti maggiori. Ritornò sulla moneta il ritratto che nera scomparso da
parecchi secoli, salvo poche eccezioni; per la necessità di dare spazio alle nuove
figurazioni, che sovente si rifacevano a scene mitologiche o religiose, i pezzi
incominciano ad aumentare di modulo e di spessore. Ecco i primi testoni ed i primi ducati
d'argento, emessi dai diversi duchi dell'epoca; ecco che acquistava rinomanza il tornese
- o libbra tornese -, coniato originariamente nell'Abbazia di San Martino di Tours e
citato nella canzone napoletana "Spingula e francesa".
L'affermarsi del tornese, come anche di altre monete, era da
attribuirsi, oltre che al buon titolo del metallo contenuto, anche alla particolare
dislocazione geografica ed allimportanza politica ed economica del paese che le
batteva. Nelle grandi fiere dello Champagne, crocevia delle rotte dalla Provenza e
dall'Italia all'Inghilterra e dalla Germania alla Spagna e al Portogallo, era in gran voga
il già citato pezzo di Tours. Le monete divisionali del marco di
Lubecca, corrispondente a mezza libbra d'argento, erano il tramite degli scambi nelle
città dell'Asia, dove passavano i commerci tra Novgorod e la Fiandra, tra Bergen e Kiev.
Una moneta molto apprezzata per la sua particolare purezza era lo "sterling",
cosi chiamato probabilmente perché battuta per primi dagli Easteling o Osterlingen, cioè
i mercanti tedeschi dell'Est. Erano queste le prime sterline.
Nel secolo XVI iniziò lo sfruttamento organizzato delle miniere
d'argento di Schwaz in Tirolo e di Joachimsthal in Boemia; dalla desinenza della parola
Joachimstahl avrà origine la moneta chiamata tallero. Da tallero per
deformazione verrà poi la parola dollaro, il cui simbolo - una S
tagliata da due righe parallele verticali, deriva da un tipo di moneta del 1600 circa; si
tratta del pezzo oggi chiamato pillar dollar - o dollaro delle colonne - cioè di
una moneta che, battuta dalla Spagna nelle sue colonie americane, recava al rovescio le
colonne d'Ercole - antica raffigurazione mitica dello stretto di Gibilterra - con un
festone ricurvo a forma di esse sul quale era inciso il motto "Non plus uItra".
Laffluire quindi di oro e argento in abbondanza dall'America ed
il conseguente svilimento dell'argento sia come merce sia come mezzo di pagamento (dal
Millecinquecento al Milleseicento i prezzi dei beni di consumo si quadruplicarono), fecero
sì che si introducessero le grosse monete d'argento, quali appunto il tallero, il
ducatone e lo scudo.
In questo sedicesimo secolo la lira, creata
cinquecento anni prima come unità ideale di conto, appare materialmente in Piemonte,
introdotta da Emanuele Filiberto nel 1562, con il peso di 12 grammi e mezzo d'argento, e
fa parte dell'importante riforma monetaria del duca.
Giova al proposito osservare come tutte le riforme monetarie sono il
risvolto di conquiste militari, e furono imposte anche dalla necessità di introdurre un
nuovo ordine finanziario sui territori acquisiti; esse comunque coronano sempre l'opera di
qualche condottiero.
La nostra prima lira si presenta con il busto corazzato del duca al
diritto e, nel rovescio, con il motto "instar omnium" (vicina a tutti); motto
che può essere inteso, oltre che come augurio, come un incitamento ad adottarla sempre
più largamente negli scambi commerciali.
Ci si accorgeva infatti che l'intensificarsi dei commerci non poteva
che arrecare floridezza, e si accoglievano volentieri le diverse fiere che si tenevano
nelle principali città. Quando il re di Francia riuscì a sbaragliare i banditi che
infestavano il territorio di Parigi, i mercanti diretti alle Fiandre cominciarono a
passare anche in quella zona. Lo sviluppo di Bruges (la Bruggia dantesca), con la prima
Borsa del mondo, fu dovuto alla relativa tranquillità e prosperità di quei paesi. Il
nome di "Borsa" è dovuto al fatto che colà i mercanti si davano appuntamento
in una piazza, davanti alla casa che apparteneva alla famiglia "De Bourse".
Lo sviluppo della fiera di Lione, e della sua Borsa in seguito,
cominciò da quando il duca di Savoia garantì la sicurezza delle strade verso l'Italia e
la Francia meridionale. A Lione avevano sede le case commerciali degli Spinola, dei
Grimaldi e d'altri che tendevano le fila dei loro affari finanziari sino a Lisbona,
Bordeaux, Anversa e Francoforte. I genovesi, in Spagna, Provenza, Savoia, Fiandre e
Germania, crearono un sistema per cui tutti gli affari commerciali e finanziari venivano
compensati per il loro tramite con unipotetica unità aurea di conto, chiamata scudo
di marchi.
Forse per questo, onde procedere ad importanti regolamenti di conti, si
vedono alla zecca di Genova alcune monete tra le più pesanti di quel periodo, quali
-nell'argento- il quadruplo scudo, di circa centodieci grammi e, nelloro, il pezzo
da venticinque doppie, del peso all'incirca di centosettanta grammi.
Venezia, daltro canto, non era da meno e procedeva alla
coniazione dei pezzi da 100 zecchini (o ducati) che addirittura pesavano trecentocinquanta
grammi.
Lo Stato Pontificio stava intanto battendo gli scudi, o piastre papali,
con interessantissimi rovesci: vedute di monumenti e chiese romane, immagini di santi
riprodotti in atteggiamento caratteristici e commemorazioni di eventi importanti.
Per i due secoli successivi i tipi monetali continuarono sugli stessi
modelli e fu evidente in quegli anni la preoccupazione di battere monete sulla cui
identificazione ed autenticità non potessero sussistere dubbi. A mano a mano andavano
prendendo il sopravvento le necessità di ordine pratico ed il progresso tecnico, che
giocavano però a scapito della fantasia e dei pregi artistici.
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Quentin Metsys

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